Patrimoni Unesco: 1994, la città di Vicenza e le ville del Palladio in Veneto
Viaggio tra i Patrimoni Unesco in Italia
Vicenza, una delle più antiche città del Veneto. Fondata nel II secolo a.C., prosperò sotto il dominio veneziano dall’inizio del XV alla fine del XVIII secolo, ma fu il Cinquecento a rappresentare il suo secolo d’oro.
Un periodo che iniziò precisamente nel 1540 quando l’aristocrazia veneziana riorganizzò la città e le sue campagne e Andrea di Pietro della Gondola, detto il Palladio, uno dei maggiori architetti dell’epoca, venne incaricato di progettare le nuove residenze di proprietà dei nobili veneziani.
Gran parte dell’attività del Palladio si svolse a Vicenza, dove modificò l’impianto urbanistico e buona parte del paesaggio circostante con un disegno che aprì la strada ad un nuovo e raffinato concetto di architettura, realizzando un’ originale interpretazione vivente dell’antichità classica.
In quegli anni Vicenza si arricchì di meravigliosi palazzi pubblici e privati e nelle campagne vennero progettate ville straordinarie, diventando universalmente conosciuta come la città del Palladio, in quanto l’architetto fu la figura centrale in un tessuto urbano che risale all’antichità e arriva al Neoclassicismo.
Gli edifici progettati da Palladio realizzano una dialettica continua tra antico e moderno e sono riconoscibili per l’eleganza, l’equilibrio, la simmetria.
In tal modo Vicenza acquisì uno status mondiale a lungo riconosciuto e riflesso nella letteratura di storia dell’architettura e dell’arte.
Il meraviglioso lavoro del Palladio è riconosciuto in un sito seriale che comprende 23 palazzi nella città di Vicenza e 24 ville palladiane sparse nel Veneto, divenuto Patrimonio UNESCO tra il 1994 e il 1996.
La proprietà estende il riconoscimento dell’eccellente valore universale dell’opera di Andrea Palladio alle altre manifestazioni del suo genio creativo in Veneto, coprendo la sua versatilità nell’applicare i suoi principi a contesti sia rurali che urbani.
Vicenza rappresenta un’opera artistica unica riferita ai numerosi contributi architettonici di Andrea Palladio.
I palazzi sono stati inseriti nel tessuto urbano della città medievale, creando insiemi pittoreschi e facciate stradali continue in cui lo stile gotico veneto si combina con l’articolato classicismo del Palladio.
Il nucleo cittadino ha subito cambiamenti molto piccoli e conserva ancora il paesaggio urbano storico noto dalle prime incisioni. La forma degli edifici del Palladio è documentata nei suoi Quattro Libri dell’architettura del 1570 ed è cambiata relativamente poco da quando furono costruiti nel XVI secolo.
Al fine di comprendere l’importanza di questo sito seriale, è anche necessario conoscere le opere palladiane situate nel centro storico della città di Vicenza.
A partire dalla Chiesa di S. Maria Nova, molto probabilmente frutto di un progetto palladiano redatto intorno al 1578 e realizzato dopo la morte dell’architetto, rappresenta l’unica opera religiosa, esclusa la cappella Valmarana, progettata da Andrea Palladio ed edificata a Vicenza.
La Cappella Valmarana, appunto, venne progettata nel 1576 da Palladio per Antonio Valmarana, ispirata ai monumenti funerari romani, e presenta molte analogie con quelle della chiesa del Redentore a Venezia. L’impronta palladiana è evidente nell’articolazione dello spaio della cappella, dilatato dalle due absidi laterali secondo un’impostazione rigorosamente geometrica
La Loggia Valmarana, invece, fu un’opera voluta da Leonardo Valmarana, il cui nome si legge nell’iscrizione sull’architrave della loggia, situata all’interno del giardino Valmarana-Salvi.
La loggetta testimonia il precoce influsso esercitato dal magistero palladiano sull’ambiente culturale di Vicenza, mentre Palazzo Valmarana rappresenta una tappa fondamentale nella produzione architettonica palladiana. Un risultato delle ultime esperienze romane dell’architetto, dopo che all’entusiasmo per l’antichità classica e per le forme moderne del primo Cinquecento subentra in lui la tendenza a rielaborare forme della tarda romanità e del Manierismo.
La Cupola della Cattedrale di Santa Maria Annunciata, principale luogo di culto cattolico della città di Vicenza, sovrasta l’abside della stessa, è in muratura e presenta la lanterna ed il capolino coperti da lastre di rame. La realizzazione si propone come concreta esemplificazione del modello ideale di cupola di concezione palladiana, ispirata alla cupola del Pantheon o a quella da lui immaginata per il tempio del divo Romolo. Il Portale Nord della Cattedrale, invece, è costituito da un’intelaiatura a edicola inquadrata da lesene corinzie e coronata da trabeazione con iscrizione nel fregio
Il progetto delle Logge del Palazzo della Ragione e della Loggia del Capitanato rappresentano i due fondamentali interventi architettonici palladiani che connotano l’immagine del principale spazio pubblico della città di Vicenza, la Piazza dei Signori, qualificandone in misura straordinaria il valore urbanistico e simbolico quale centro del tessuto cittadino e luogo identificativo dell’identità urbana.
Il duplice loggiato palladiano, articolato da semicolonne addossate a pilastri in nove campate sui lati lunghi e cinque su quello minore, è costituito dalla ripetizione del motivo della serliana, un elemento architettonico composto da un arco a tutto sesto affiancato simmetricamente da due aperture sormontate da un architrave.
La costruzione del Teatro Olimpico realizzava l’ispirazione umanistica di edificare un teatro stabile dalle grandi strutture dell’antichità classica.
Lo spazio del teatro è composto da una cavea semiellittica inscritta in un rettangolo schiacciato, e da un imponente proscenio rettangolare di minore larghezza che la fronteggia, dai cui ingressi si dipartono a raggiera sette scene lignee prospettiche, realizzate in legno e stucco dipinti dall’architetto Vincenzo Scamozzi.
L’Arco delle Scalette fu costruito nel 1595 sulla base di un disegno che Palladio realizzò nel 1576 ed è prezioso testimone dell’attività dell’architetto come allestitore di percorsi trionfali su precise rievocazioni di romana classicità. Costituisce, infatti, l’inizio di quella che fino al secolo XVIII era la principale via di accesso, tramite la lunga gradinata delle “scalette”, al frequentatissimo Santuario della Madonna di Monte Berico.
A queste opere seguono una serie di residenze come Palazzo Civena che rappresenta una delle prime opere della città su cui Palladio ha lavorato, attraverso l’intervento, a lui attribuito, nel corpo centrale dell’edificio. L’operazione denota già la capacità dell’architetto di rinnovare la scena urbana con proposte innovative.
Segue Palazzo Thiene, i cui lavori per la sua radicale rielaborazione cominciarono nel 1542.
Viene avanzata l’ipotesi di un coinvolgimento dell’architetto Giulio Romano, che in quegli anni si trovava a Vicenza, ma essendo quest’ultimo morto nel 1546, va riconosciuta a Palladio la geniale capacità di far rientrare la costruzione entro i precisi parametri del suo stile smorzando i caratteri spesso esuberanti di Giulio Romano e conferendo l’inconfondibile equilibrio e la serena compostezza che caratterizzano l’insieme.
Palazzo Thiene Bonin Longare, invece, fu realizzato tra il 1562 e il 1593 e costituisce un altissimo esempio del linguaggio cinquecentesco impostato a Vicenza dalla lezione di Andrea Palladio, il cui nome è legato al luminoso prospetto principale e alla doppia loggia del cortile. Se la progettazione dell’edificio è sicuramente palladiana, il completamento venne realizzato con l’intervento di Vincenzo Scamozzi.
Un edificio a due piani con soprastante attico. Si presenta così Palazzo Barbaran da Porto, progetto palladiano del 1570 che costituisce un significativo esempio della capacità dell’architetto di ricomporre in forma monumentale edifici preesistenti e della qualità urbanistica dei suoi interventi. Al suo interno si trova il Centro Internazionale di Studi di Architettura “Andrea Palladio, che esalta ancora di più il valore architettonico dell’edificio.
Palazzo Garzadori rappresenta, insieme a Palazzo Poiana, un esempio caratteristico delle soluzioni palladiane per i palazzi di città, impostate sul piano terra a bugnato e un soprastante ordine gigante che abbraccia primo e secondo piano. Il risultato di un’operazione di rinnovamento e unione in forme classiche, attuata su due distinti edifici, che esemplifica la capacità di rinnovo dell’immagine urbana operata da Palladio.
Palazzo Iseppo Porto Festa, invece costituisce una delle prime realizzazioni palladiane compiute dopo il soggiorno romano del 1541.
Se ne riconoscono gli effetti nell’influsso della visione bramantesca con l’ordine architettonico sovrapposto al piano terra bugnato e in una concezione più grandiosa e monumentale manifestata in particolare nell’atrio a quattro colonne, cui Palladio ricorre qui per la prima volta.
I caratteri stilistici e compositivi della facciata di Palazzo da Monte presentano molte analogie con i disegni giovanili di Palladio. Il palazzo rappresenta, assieme a Palazzo Capra, a tre piani con semplice facciata senza intelaiatura di ordini, un esempio tipico di progettazioni giovanili palladiane nella fase iniziale di studi relativi al tema del palazzo di città.
Entrambe opere che potrebbero risalire al periodo in cui l’architetto sperimentava il tema della serliana ed era fortemente influenzato dall’architettura bramantesca e raffaellesca a seguito del primo viaggio a Roma nel 1541.
Palazzo da Schio è un interessante esempio di ristrutturazione in forme tipiche del classicismo palladiano su una fabbrica preesistente. L’impronta del Palladio si può riconoscere nell’impostazione generale, nella presenza di capitelli corinzi e nella disposizione delle pietre delle bugne al piano terra.
Casa Cogollo è un edificio rinnovato sui modi tipici del classicismo cinquecentesco, inserito entro un contesto urbanistico preesistente senza soluzione di continuità.
La facciata purissima e la parete tra le lesene corinzie sono alcuni elementi facilmente riconducibili al linguaggio stilistico dell’ultima fase palladiana.
Palazzo Chiericati è stato concepito da Palladio con una veste architettonica non consueta per una residenza di città, che si presenta dal carattere aperto e arioso, quasi come una villa marittima antica. Una configurazione che rivela una sapiente interpretazione del contesto ambientale in cui il palazzo sorge, in quanto la piazza antistante costituiva il porto fluviale della città.
Il palazzo assumeva, quindi, un importante significato urbanistico, una quinta architettonica che avrebbe fatto da sfondo al principale approdo fluviale della città, presentandosi come un manifesto del programma di rinnovamento urbano avviato in città con l’attività di Palladio.
Palazzo Porto Breganze è uno fra i più sorprendenti del repertorio palladiano, con l’altissimo basamento, le grandi semicolonne sporgenti oltre il diametro, la forma a esedra del cortile. Purtroppo non realizzato, pur nella sua incompletezza rappresenta una delle testimonianze più eloquenti della drammatica visione proposta dall’architettura di Andrea Palladio nella sua fase più tarda.
Ma oltre alla serie di splendidi edifici presenti nella città è necessario conoscere anche le ville palladiane sparse per il Veneto in modo da avere una panoramica completa sull’eccezionale valore di questo patrimonio dell’umanità.
Un insieme di ville venete concentrate per la maggior parte nella provincia di Vicenza, edificate intorno alla metà del Cinquecento dall’architetto Andrea Palladio per le famiglie più importanti del luogo, soprattutto aristocratici, ma anche esponenti dell’alta borghesia della Repubblica veneta.
Le Ville Palladiane, nelle quali vengono sintetizzati gli aspetti funzionali della gestione del territorio e dell’autocelebrazione dei nobili proprietari, sono delle case-templi, abbellite con scalinate monumentali e coronate da un frontone sostenuto dalle colonne di una loggia. Lungo le ali che partono ai lati delle facciate si estendono i porticati che spesso terminano con una torre.
In queste ville, razionalità e funzionalità sono strettamente legate alla espressione simbolica e ideologica che la villa urbana e di campagna ha il compito di trasmettere, ovvero un centro del potere, ma allo stesso tempo anche luogo di diletto, cultura e bellezza.
La villa palladiana è concepita come recupero umanistico della villa romana antica, allontanandosi dalla prevalente funzione bellico- difensiva.
Le ville presenti in alcune località venete sono il risultato del genio architettonico di questo maestro rinascimentale. Le numerose varianti del disegno della villa testimoniano la continua sperimentazione tipologica del Palladio, realizzata attraverso la rielaborazione di schemi architettonici classici.
L’insieme delle ville costituisce un elemento molto importante all’interno della regione, poiché la relazione formale tra le ville e il paesaggio veneto rivela una qualità unica che gli conferisce un valore universale.
Grazie anche alle loro descrizioni e ai dettagliati disegni pubblicati da Palladio nel trattato I quattro libri dell’architettura, le ville palladiane divennero per secoli oggetto di studio per numerosi architetti, che si ispirarono ad esse per le loro realizzazioni.
Uno di questi esempi è Villa Almerico Capra, detta “La Rotonda”, situata a Vicenza e riconosciuta nei secoli come icona dell’architettura palladiana.
Venne definita una sorta di villa-tempio perché si compone di elementi architettonici da sempre associati alle costruzioni sacre, quali scalinate, colonne, frontoni e addirittura la pianta centrale e la cupola.
Nella città, a Villa Gazzotti Grimani, invece, il lungo fronte principale è scandito da otto lesene composite e si incentra sulle tre arcate della loggia in corrispondenza delle quali, al di sopra della trabeazione, si eleva un frontone triangolare.
Sempre a Vicenza, la Villa Trissino Trettenero è l’unico edificio appartenente al sito riconosciuto dall’UNESCO, in cui il famoso genio artistico del Palladio non risulta intervenire come architetto, ma assume rilevanza in quanto il committente dell’intervento è Giangiorgio Trissino, personaggio di spicco del panorama culturale di Vicenza dell’epoca, grazie al quale il giovane scalpellino ottenne protezione e sostegno adeguati per emergere come architetto di talento e di cultura.
Spostandosi nella provincia vicentina si resta nuovamente incantati da un’altra serie di ville palladiane.
Una di queste è sicuramente Villa Piovene, a Lugo di Vicenza. La villa sorge sulle pendici del colle di Lonedo, introdotta dal bel cancello settecentesco dal quale una lunga scalinata monumentale conduce dinanzi all’edificio, mentre in prossimità del recinto della villa sorge la chiesetta tardogotica dedicata a San Gerolamo.
Restando a Lugo di Vicenza si presenta Villa Godi che rappresenta la prima tappa della ricerca palladiana volta a definire una nuova tipologia di residenza in campagna, utile a coniugare la funzionalità e la razionalità dell’impianto con un’immagine architettonica innovativa.
Segue Villa Angarano, ad Angarano di Bassano.
La villa-fattoria fu commissionata al Palladio dal conte Giacomo Angarano. Attualmente il complesso mantiene la funzione di florida azienda agricola impegnata in particolare nella produzione vinicola.
Villa Caldogno, a Caldogno, presenta un prospetto centrale con una parte mediana aperta da una loggia a tre arcate riquadrate da bugne rustiche, cui si accede da una scala a pianta poligonale, coronata da un frontone con foro a losanga.
La costruzione di Villa Chiericati, a Grumolo delle Abbadesse, fu avviata dopo il 1554, per volontà del nobile vicentino Giovanni Chiericati, fratello di Girolamo committente dell’omonimo palazzo a Vicenza, mentre Villa Forni Cerato, a Montecchio Precalcino, vide l’intervento palladiano nella trasformazione di una modesta casa preesistente, le cui strutture determinarono la ridotta larghezza della loggia e condizionarono le proporzioni dell’impianto, che non rispettano i consueti rapporti dimensionali adottati dall’architetto.
Tali limitazioni, comunque, costituiscono un’ulteriore riprova dell’abilità progettuale di Palladio, capace di conferire ordine e funzionalità e di attribuire il decoro e la dignità di una villa signorile anche ad un’insignificante costruzione rurale.
Palladio raggiunge in Villa Poiana, a Poiana Maggiore, un vertice di grande razionalità e purezza, profondamente classico, in cui riesce a interpretare e ricomporre in modo originale motivi formali e spunti culturali tratti da opere romane antiche e contemporanee.
Il fronte principale di Villa Pisani Ferri de Lazara, a Lonigo, è formato da una loggia centrale a tre arcate, coronata da un frontone triangolare e serrata tra due torrette angolari quadrate di poco più elevate rispetto al resto dell’edificio.
Il fronte principale di Villa Saraceno, ad Agugliaro, invece, si caratterizza per una configurazione asciutta ed essenziale.
L’analisi stilistica legittima una classificazione del progetto nell’ambito della produzione palladiana degli anni quaranta del Cinquecento, contraddistinta dall’adozione di un linguaggio sobrio e da un’impostazione planimetrica semplificata.
L’edificio attuale di Villa Thiene, a Quinto Vicentino, costituisce l’unica porzione realizzata, e anche in parte successivamente modificata, di un ben più vasto organismo architettonico rimasto incompiuto. La proposta di un articolato complesso rurale autosufficiente rispondeva ad un’esigenza di prestigio e distinzione dei committenti, i fratelli Thiene, in misura analoga a quanto avveniva con la loro residenza urbana estesa a un intero isolato.
Le Barchesse di Villa Trissino, due fabbricati rustici a Sarego, costituiscono i soli frammenti costruiti nell’ambito di un progetto ambizioso commissionato a Palladio dai nobili vicentini Francesco e Ludovico Trissino, ma mai realizzato compiutamente.
Un corpo dominicale accentrato su un salone circolare con quattro pronai monumentali sarebbe dovuto sorgere sulla collinetta e sarebbe stato collegato a due grandi portici aperti a esedra, connessi a loro volta ai rustici aperti da porticati rettilinei.
Villa Valmarana Zen, a Bolzano Vicentino fu commissionata a Palladio da Gianfrancesco Valmarana, ma il progetto palladiano fu realizzato solo in parte, per l’improvvisa morte del committente avvenuta nel 1566.
Il vasto giardino, disseminato di sculture e ornato da una peschiera, ospita l’oratorio di San Carlo Borromeo.
Villa Valmarana Bressan, a Monticello Conte Otto, invece, presenta un impianto che si configura come una rielaborazione della tradizione locale rivisitata alla luce dell’esperienza di spazi architettonici grandiosi, quali le terme romane.
Villa Badoer, detta “La Badoera” è la perla di Fratta Polesine, in provincia di Rovigo. L’insediamento presenta al centro il corpo padronale, ai cui lati si aprono ad esedra due bassi fabbricati di servizio curvilinei. L’impianto proposto da Palladio è stato anche paragonato ad un foro porticato romano ad esedra, in fondo al quale il corpo padronale, connotato dalla loggia ionica con il frontone, spicca come un tempio
La provincia di Treviso accoglie tre tipi di ville palladiane. Villa Barbaro, a Maser, alla cui ideazione ebbe un ruolo attivo uno dei committenti, Daniele Barbaro, erudito cultore del sapere umanistico, che condivideva con Palladio la volontà di far rivivere l’ideale di villa antica come luogo di diletto culturale, in un rapporto meditato con il sito.
Villa Emo, a Vedelago, rispecchia la tipologia di villa-fattoria inventata da Palladio, in cui le barchesse, edifici rurali di servizio, destinati a contenere gli ambienti di lavoro, si fondono con la residenza dominicale formando un organismo architettonico unitario. In questa villa Palladio raggiunge un convincente equilibrio tra l’istanza funzionale e l’intento rappresentativo, ricercato attraverso il ricorso a elementi architettonici aulici, quali il pronao e il frontone.
E poi Villa Zeno, a Cessalto, in cui il ricorso ad alcuni elementi stilistici e distributivi tipicamente palladiani, come la loggia a tre fornici su pilastri con coronamento a timpano e la finestra termale, accostano questa esperienza a precedenti opere del maestro, come Villa Saraceno e Villa Pisani a Bagnolo.
Nella provincia di Venezia, a Mira, ecco Villa Foscari, detta “La Malcontenta” .
La sua posizione sulla terraferma veneziana, in un sito prossimo alla laguna e facilmente accessibile dalla città, fanno dell’edificio un palazzo suburbano, cui la vicinanza all’acqua conferisce il fascino e il carattere di una residenza lagunare.
La provincia di Padova, invece, presenta due ville palladiane. La prima è Villa Pisani, a Montagnana, che rappresenta un’elaborazione tipologica particolare nell’ambito della produzione palladiana di architettura di villa. Concepita funzionalmente come residenza suburbana per la gestione di attività terriere, compresi i mulini poco distanti, alimentati dal corso d’acqua che scorre sotto l’edificio, venne comunque dotata del decoro e della rappresentatività di una dimora di città.
Villa Cornaro è la seconda, a Piombino Dese. All’interno della villa colpisce l’eleganza e l’ordinata razionalità del salone centrale, spazio modulato dalle quattro colonne libere che si ispira agli studi compiuti da Palladio sulla casa romana antica e illustrati in seguito nel suo trattato.
San Pietro in Cariano, in provincia di Verona ospita Villa Sarego.
La parte più rilevante del complesso edilizio consiste in un corpo ad “U” rivolto a sud verso il giardino, che costituisce la porzione realizzata del progetto palladiano. Il fulcro della composizione non è il pieno di un corpo edilizio, ma il vuoto del cortile con duplice loggiato.
Le opere del Palladio nella città di Vicenza e nel Veneto, basate su un accurato studio dell’architettura classica romana e caratterizzate da un’impareggiabile purezza formale, hanno esercitato un’eccezionale influenza sulla progettazione architettonica e urbana nella maggior parte dei paesi europei e in tutto il mondo.
Un fenomeno culturale di ampia portata originato dallo studio dei temi fondamentali dell’opera di Palladio, in cui il fascino del classicismo si abbina ad una austera semplicità delle forme. Il suo lavoro ha ispirato uno stile architettonico distinto che si è diffuso in Inghilterra e in altri paesi europei e anche negli Stati occidentali degli USA, dove nel 1700 il Presidente Thomas Jefferson definì i Quattro libri di Palladio la “Bibbia” dell’architettura moderna.
Proprio questi ultimi hanno costituito una fonte primaria della progettazione classica per molti architetti e costruttori negli Stati Uniti dall’epoca coloniale a oggi e gli edifici più rappresentativi della Nazione, compresi il Campidoglio degli Stati Uniti, la Casa Bianca e il Jefferson Memorial, riflettono l’influenza dell’architettura di Palladio attraverso il movimento anglo-palladiano che fiorì nel XVIII secolo.
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