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Patrimoni Unesco: 1997, il Palazzo reale del XVIII secolo di Caserta con il Parco, l’Acquedotto vanvitelliano e il Complesso di San Leucio

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Viaggio tra i Patrimoni Unesco in Italia

Caserta e il  XVIII secolo,  un periodo di notevole importanza per la città. Proprio a partire dal 1734, infatti, con l’arrivo di Carlo di Borbone, questa cittadina, situata al limite nord della pianura campana, visse una generale riedificazione ed un’epoca di grande splendore.

In questa zona, nel 1750, il re borbonico Carlo III decise di costruire un nuovo complesso monumentale che costituisse il centro ideale di una moderna capitale in grado di competere con le maggiori città europee, Versailles e Madrid prime fra tutte.

Caserta divenne così un meraviglioso centro della vita di corte e degli affari di stato.

La tenuta settecentesca di Caserta è un’espressione significativa dell’Illuminismo, perfettamente integrata nel suo ambiente naturale e realizzata dal grande architetto Luigi Vanvitelli che progettò un palazzo maestoso, austero esternamente, ma prezioso negli interni, circondato da un parco con scenografiche fontane.

La straordinaria composizione monumentale comprende lo storico palazzo della Reggia di Caserta con il suo parco e i suoi giardini, il magnifico Acquedotto Carolino e il complesso industriale di San Leucio, costruito per la produzione della seta, meravigliose opere dichiarate Patrimonio UNESCO nel 1997.

La Reggia è il fulcro dell’intera creazione architettonica, impostata su un asse centrale che collega e unifica l’intero complesso. Con i suoi quattro cortili e gli scenografici vestiboli, il palazzo reale è un esempio di struttura monumentale destinata agli alloggi dei sovrani, al soggiorno dell’intera corte e, al tempo stesso, sede amministrativa.

Il Palazzo è a pianta rettangolare, comprende 1.200 stanze e l’area interna si divide in quattro zone, ognuna con cortili propri divisi da un solenne atrio a tre navate. Lo Scalone d’Onore si presenta con una grande rampa centrale che si sdoppia in due elementi paralleli, con 116 gradini composti ciascuno da un unico blocco.

Il parco è l’ultimo dei grandi giardini formali europei ispirato alle creazioni di Versailles e ai modelli cinquecenteschi delle ville romane e toscane. Si estende per tre chilometri di lunghezza su 120 ettari di superficie ed è uno dei più grandiosi complessi architettonici e monumentali d’Europa.

Progettato da Luigi Vanvitelli, fu ultimato dal figlio Carlo. Lungo l’asse che partiva dal palazzo, si trovano fontane decorate da sculture a carattere mitologico disposte lungo terrazze degradanti verso la pianura.

La Fontana Margherita è la prima opera che si incontra entrando nel Parco dalla Reggia.

Una struttura  modesta e semplice da un punto di vista architettonico che segna il punto in cui si dipartono i viali lungo tutto il parco.

Nell’area del Giardino all’italiana si giunge alla Peschiera Vecchia, costruita nel 1769 e voluta da Ferdinando IV per dilettarsi con piccole battaglie navali, mentre la Castelluccia, prima che fosse destinata ad abitazione per scampagnate, era il centro delle finte battaglie terrestri.

Successivamente si incontra la Fontana dei Delfini  che viene rappresentata dalla figura di un mostro marino con la testa e il corpo di un delfino e in cui una massa d’acqua compone un lago circolare. Prende il nome dalla soprastante fontana formata da giganteschi delfini dalle cui bocche proviene l’acqua che l’alimenta.

Poco oltre sfilano la Fontana di Eolo con la Grotta dei Venti, la Fontana di Cerere e la  Fontana di Venere e Adone, composta da dodici piccole cascate che formano altrettanti laghetti. La prospettiva vede il suo culmine nella grande Cascata che precipita da un salto di 70 metri nella Fontana di Diana e Atteone.

Le fontane del parco sono alimentate dall’Acquedotto Carolino, inaugurato nel 1762 da re Ferdinando IV.

L’Acquedotto Carolino, noto anche come acquedotto di Vanvitelli, è una straordinaria opera di ingegneria progettata da Luigi Vanvitelli su commissione di re Carlo di Borbone (da cui l’appellativo di Carolino), che fece costruire un ponte di particolare pregio architettonico, ancora oggi perfettamente conservato.

Tale costruzione, comunemente nota come “Ponte della valle”, si innalza con una possente struttura in tufo a tre ordini di arcate che poggiano su 44 piloni a pianta quadrata, per una lunghezza di 528 metri ed un’altezza massima di 60 metri.

Edificato con una chiara ispirazione agli acquedotti di epoca romana, l’opera passa sulla parte superiore della struttura e in tutto si estende per un totale di 41 km.  Un passaggio permette di percorrere tutti gli ordini, mentre sulla parte superiore corre una strada pavimentata in pietra con parapetti.

L’Acquedotto Carolino è un eccezionale elemento fisico di connessione tra la Reggia e la  “Reale Colonia di San Leucio” e costituisce una vera e propria infrastruttura a servizio non solo del palazzo e dei giardini, ma anche delle ferriere, dei mulini e delle industrie manifatturiere disposte lungo il percorso.

Sempre nel 1750, infatti, Carlo III di Borbone acquistò il Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio dove, secondo il desiderio di re Ferdinando IV, si cercò di dar vita ad una comunità autonoma di lavoratori basata su principi egualitari, meritocratici e di  parità di genere.

Il progetto faceva parte di un’idea innovativa con cui realizzare un sistema di riforme sociali, con leggi di stampo illuministico ed una forma aziendale legata alla produzione e lavorazione della seta. Un esperimento sociale, nell’età dei lumi, di assoluta avanguardia nel mondo, un raro modello di giustizia e di equità  nelle nazioni del XVIII secolo.

L’origine della produzione serica a San Leucio risale al 1776 con l’apertura di una piccola manifattura di veli di seta fino alla lavorazione, nel 1785, di calze di seta. L’edificio più importante del complesso è l’antico Casino del Belvedere, trasformato da Re Ferdinando IV per installarvi una fabbrica della seta, intorno alla quale nacque il borgo a vocazione industriale, con le abitazioni per gli operai, la scuola, le botteghe e le stanze per la trattura, filatura, tintura della seta.

L’enorme complesso edilizio, disposto intorno ai cortili interni, è diventato il simbolo di una società modello basata sul valore del lavoro e dell’uguaglianza.

Tutto il borgo era organizzato con al centro la “piazza della seta” e il portale settecentesco, maestoso accesso alla reggia-filanda e ai quartieri con le case degli operai. Con l’Unità d’Italia la fabbrica tessile passò al Demanio dello Stato e l’attività produttiva venne data in concessione.

La Reggia di Caserta ed  il suo parco, assieme al Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio, sono riconosciuti dalla comunità locale come simbolo di un periodo storico di sviluppo della regione. La stessa popolazione locale mantiene viva la tradizione di visitare regolarmente il palazzo e il parco e incoraggia il proseguimento della produzione artigianale della seta a San Leucio.

La settecentesca Reggia di Caserta con il parco, l’Acquedotto Carolino e il complesso di San Leucio rappresentano importanti testimonianze dell’interscambio di valori umani, grazie all’ampiezza del suo progetto originario che, seguendo un innovativo concetto di pianificazione, si costituisce di  imponenti palazzi, giardini, strade ed un meraviglioso  paesaggio naturale circostante.

Gli edifici ed i giardini sono stati oggetto di restauro scientifico e non hanno subito successive modifiche agli spazi interni e alle caratteristiche della loro architettura. Il complesso monumentale di Caserta è un eccezionale esempio di urbanistica attuata dalla dinastia dei Borbone, secondo i principi vitruviani di solidità, funzionalità e bellezza in linea con la cultura neoclassica in voga all’epoca.

Il Palazzo reale del XVIII secolo di Caserta con il Parco, l’Acquedotto Carolino e il Complesso di San Leucio rappresentano il capolavoro del genio creativo dell’architetto Luigi Vanvitelli ed anche un grande simbolo della potenza e della ricchezza della monarchia Borbonica.

Da un punto di vista architettonico, la Reggia, meravigliosa sintesi tra le tradizioni scenografiche barocche ed i nuovi influssi neoclassici, è un’opera eccezionale che ha fortemente influenzato lo sviluppo urbanistico, architettonico e paesaggistico dei borghi e delle aree limitrofe.

Anche se il progetto della nuova capitale non fu mai realizzato, l’impianto urbanistico del complesso con il suo straordinario sviluppo rettilineo costituisce una testimonianza di enorme interesse per la storia della civiltà settecentesca italiana.

L’esperienza della colonia di San Leucio rappresenta una tappa fondamentale della cultura illuministica settecentesca e dello sviluppo industriale e tecnologico nel territorio campano, sul quale ancora oggi operano stabilimenti ed industrie tessili che si richiamano all’antica attività manifatturiera.

Il livello di autenticità degli edifici e dei giardini rimane elevato e l’aspetto originale è ancora ben conservato con un restauro ed una manutenzione che rispettano la consistenza strutturale originaria dei progetti di Luigi Vanvitelli.

Alessandro Campa

 

 

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