Bike sharing a Roma. I perchè di un flop
Roma è l’unica città in Italia dove il bike sharing è stato un flop. Ci spiega perchè Massimiliano Tonelli, animatore del blog “Bike Sharing Roma”
In principio erano 160 bicilette (poche, ma meglio di niente). Oggi ne restano, se tutto va bene, 12. Le altre sono state rubate. In questi numeri si può sintetizzare il fallimento del bike sharing a Roma.
Eppure al bike sharing i cittadini romani, solitamente (e non senza motivo) dipinti come restii a rinunciare alla macchina e piuttosto riluttanti ad utilizzare la biciletta, si stavano affezioanndo.
Il bike sharing a Roma era partito un po’ in sordina duranti gli scampoli dell’amministrazione Rutelli, ed era stato “ereditato” da Alemanno, che gli era succeduto in Campidoglio. E per quanto i mezzi a disposizione, la dislocazione degli stalli in città e le modalità di accesso al servizio non fossero delle migliori, i romani avevano risposto con circa 4500 abbonamenti solo nel 2010.
Considerando che le biciclette deidicate al bike sharing erano solo 160, un successo in termini di pubblico, utenza, apprezzamento da parte dei cittadini.
Ma perchè a Milano e Torino (per rimanere ad esempi Italiani) il bike sharing fuonziona, mentre a Roma è stato un vero e proprio flop? Ecoseven.net lo ha chiesto a Massimiliano Tonelli, direttore di Artribune ed animatore del seguitissimo blog Bike Sharing Roma
“A Torino, ma ancor di più a Milano, il bike-sharing funziona perché ha molte delle caratteristiche che un buon bike-sharing deve avere: corretta distanza tra le stazioni, corretta densità in una specifica area (centrale) della città, prima mezz’ora gratuita, facilità di abbonarsi (a Milano si, a Torino no), posizionamento delle stazioni in prossimità, anche, dei grandi snodi trasportistici.
A Roma tutto questo non c’è stato salvo nel primo periodo di sperimentazione, dopodiché uno di questi elementi (sono tutti, egualmente, indispensabili) è venuto meno: la prima mezz’ora gratuita”.
E come si spiega la piaga dei furti, cheè costata ai cittadini circa 100.000 euro?
“La piaga dei furti si spiega con il sistema antidiluviano di registrazione. Se il sistema di registrazione è elettronico e, tramite carta di credito, come accade in tutti i bike-sharing del mondo, chiede una caparra, allora tu la bici la puoi anche rubare, ma poi il corrispettivo ti viene preso dal conto corrente.
Se invece il sistema ti permette di registrati tramite un documento di identità -che può essere tranquillamente falso- allora le cose cambiano. Così è andata.”
E mentre Milano inaugura la stazione per il bike sharing numero 186, Napoli si prepara a varare il proprio sistema e Firenze studia modelli avveneristici, a Roma negli stalli che dovevano accogliere le due ruote gratuite e per tutti, regna incontrastato il parcheggio selvaggio.
(VG)
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