Un caffè nello spazio, 50 anni dopo il primo allunaggio
Curiosando tra cosa accadde la prima volta sulla luna e cosa mangiano gli astronauti oggi
Cinquanta anni fa accadde l’evento che ha cambiato per sempre la storia dell’umanità. Il primo passo di un essere umano sulla Luna. Era il 16 luglio del 1969 e dalla base spaziale di Cape Canaveral, in Florida, partì il primo razzo per il “pallido satellite” amato da pittori, musicisti e poeti, con a bordo tre astronauti americani della missione “Apollo 11”: Mike Collins, Neil Amstrong e Buzz Aldrin. I tre rimasero nello spazio otto giorni (terrestri) e fecero ritorno sul nostro pianeta, nell’Oceano Pacifico, il 24 luglio. Ci volle il lavoro di quattrocentomila persone per permettere al genere umano di atterrare sulla luna e il computer di bordo di allora era potente quanto uno smartphone che oggi abbiamo in tasca.
Ma il momento che più si ricorda dal punto di vista storico e mediatico fu, ovviamente, l’immagine di Neil Amstrong che tocca il suolo lunare e su di esso lascia l’impronta del suo piede.
Poiché quella missione aveva anche lo scopo di evidenziare a tutti i terrestri la supremazia dell’America sulla Russia, Amstrong e Aldrin piantarono una bandiera americana e una targa, firmata dai tre e dall’allora Presidente Nixon, con su scritto: “Qui gli uomini del pianeta Terra hanno messo piede sulla Luna la prima volta, luglio 1969 d.C. Siamo venuti in pace a nome di tutta l’umanità”.
E Collins, il terzo astronauta? Cosa fece durante il lasso di tempo in cui i suoi compagni di viaggio esplorarono intorno? Mike Collins restò sul modulo di comando del razzo, solo, fluttuando in orbita, attendendo il ritorno dei due e, con la meravigliosa visuale dell’intera terra davanti ai suoi occhi, bevve un caffè. Sì, proprio così: si rilassò e bevve un caffè caldo.
Come e cosa mangiano gli astronauti moderni? Possono portare degli alimenti “normali”? Com’è il sapore del cibo nello spazio?
La dieta alimentare di un astronauta è rigida e prevede, com’è intuibile, un lungo periodo di preparazione prima di una missione. In particolare, ognuno di essi è seguito da un nutrizionista che studia il corretto fabbisogno nutritivo di ciascun astronauta. Il cibo viene preparato tutto sulla terra da chef “stellari” oltre che stellati. Vengono privilegiati prodotti di base di origine biologica, per permettere l’assunzione di più vitamine e sostanze utili, che comunque vengono salvaguardate nel processo di preparazione.
Dimenticate le scene dei film di fantascienza in cui si pranza a base di pillole o si spadella nella navicella e poi ci si siede tutti intorno ad una tavola. L’assenza di gravità non permette di potersi concedere banchetti in grande stile, ma non priva certo l’equipaggio del piacere di mangiare. Assolutamente vietate bevande liquide e alimenti che producono briciole (come crackers, patatine o formaggi come il parmigiano), perché queste potrebbero rimanere all’interno della navicella e vagando danneggiare le apparecchiature di bordo o dare fastidio agli abitanti. Le derrate alimentari che vanno nello spazio vengono sottoposte a vari processi preparatori, perché possano essere correttamente conservate e consumate.
Sono fondamentali due passaggi: la termostabilizzazione, cioè una fase di sterilizzazione che permette la conservazione del cibo a temperatura ambiente in appositi “contenitori spaziali” e la liofilizzazione, che consiste nel togliere totalmente l’acqua. Ciò che viene poi consumato, infatti, viene reidratato con speciali polveri mischiate ad acqua per evitare, come detto prima, che si possano disperdere delle goccioline.
A Torino esiste il primo Space Food Lab in Europa, un’azienda tutta italiana dove si studia il “bonus food” per gli astronauti. E’ il piatto che possono scegliere di portare tra le stelle, che deve essere equilibrato, stoccabile e facile da preparare. Del corpo europeo di astronauti fanno parte anche quelli italiani. E si sa, per gli italiani (ma anche per i compagni a bordo) il cibo è festa e quindi anche il resto del gruppo può godere della qualità del buon cibo del Bel Paese.
Il nostro Paolo Nespoli, ad esempio, va matto per la pizza ed è riuscito ad ordinarla dalla terra dopo cento giorni di astinenza; Luca Parmitano è riuscito ad ottenere di portare con sé, e poi a condividere, lasagne alla bolognese, parmigiana di melanzane (da buon siciliano) e tiramisù. E, infine, la nostra Samantha Cristoforetti adora la zuppa di legumi e – come il suo predecessore Collins – ha avuto l’opportunità di gustarsi un buon caffè (gelificato), guardando lo spettacolo mozzafiato della terra a distanza ravvicinata dalla Stazione Spaziale Internazionale.
Alla domanda se il gusto del cibo cambi fuori dalla terra, gli astronauti non sono riusciti a dare una risposta univoca. “E’ come avere sempre un mezzo raffreddore”, ha affermato qualcuno di loro. Altri hanno detto che sostanzialmente non vi sono grandi differenze.
Infine, un’ultima curiosità: com’è possibile mangiare pietanze calde? Tutto ciò che astronauti e ricercatori portano come scorta di cibo è inserito in speciali contenitori, che possono essere scaldati come se fossero al microonde. Le papille gustative, almeno quelle, ringraziano.
L’ESA, inoltre, sta sperimentando come produrre verdura fresca nello spazio, partendo da scoperte già note da tempo, in vista di una possibile colonizzazione della luna.
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